Il giudizio abbreviato è un rito alternativo rispetto al rito ordinario, attraverso il quale si riconosce all’imputato un importante sconto di pena (1/3 rispetto a quella che il giudice comminerebbe con il rito ordinario) in virtù della rinuncia, da parte dello stesso, della garanzia del dibattimento e quindi della assunzione della prova in dibattimento. Sostanzialmente l’imputato rinuncia alla celebrazione del processo a suo carico, e conseguente garanzia di poter citare i propri testimoni a discarico, consentendo al giudice di giudicarlo sulla base degli elementi di prova raccolti dal pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari. Per questo motivo è necessario che l’avvocato penalista, d’ufficio o di fiducia, conosca a fondo gli atti delle indagini preliminari prima di valutare l’accesso a questo rito con l’imputato: la linea di difesa deve essere sostenibile già dalle carte delle indagini preliminari e senza l’introduzione di ulteriori elementi di prova a discarico, salva la possibilità di svolgere e introdurre nel fascicolo indagini difensive di parte.
Quando può essere utile scegliere di definire un procedimento con il rito abbreviato?
Anzitutto va chiarito che optare di definire un processo penale con il rito abbreviato non equivale necessariamente ad essere considerato colpevole di un reato e quindi ad avere una condanna.
In molti casi, infatti, questa scelta processuale può essere intrapresa quando si ritiene che le indagini preliminari del Pubblico Ministero non portino ad elementi certi di prova nei confronti dell’imputato e quindi, attraverso il rito abbreviato si possono ottenere svariati vantaggi tra cui: ridurre i tempi del processo e conseguentemente ridurre i costi. Inoltre, solo in caso di sentenza di condanna, si comprimono anche i rischi derivanti dal processo grazie alla riduzione di 1/3 della pena.
Allo stesso modo, chiaramente, scegliere il rito abbreviato può essere molto conveniente nel caso in cui si vogliano limitare i danni in processi in cui, ad esempio, la prova dei fatti è assolutamente indiscutibile e pertanto non avrebbe alcun senso la scelta del dibattimento, e cioè del processo vero e proprio, dal quale non si potrebbe trarre alcun tipo di vantaggio, se non quello di una pena certamente più severa.
Come si accede al rito abbreviato?
Nel caso in cui l’imputato decida di definire il procedimento penale a suo carico con il rito abbreviato, né il giudice né tantomeno il pubblico ministero o la parte civile potranno opporsi a questa scelta processuale, restando quindi un diritto dell’imputato, quello di rinunciare al dibattimento, al quale nessuna parte del processo può opporsi. La scelta processuale si esercita personalmente, comparendo avanti al giudice e chiedendo la definizione del processo mediante rito abbreviato, ovvero conferendo una procura speciale ad hoc al proprio difensore, sia esso di fiducia o di ufficio.
Optare per il rito abbreviato deve essere però fatto in tempi ben precisi: se il reato contestato all’imputato prevede la celebrazione dell’udienza preliminare questa facoltà esercitata in questa sede. Se diversamente viene contestato un reato che non prevede la celebrazione dell’udienza preliminare in quest’ultimo caso il rito abbreviato deve essere chiesto al giudice, dall’imputato o dal suo avvocato penalista munito di procura speciale, non oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento.
Il rito abbreviato può essere chiesto per tutti i reati?
A seguito della entrata in vigore della Legge n. 33/2019, la possibilità di richiedere la definizione del processo penale con il rito abbreviato incontra un unico limite derivante dal fatto che il rito abbreviato non può più essere richiesto per i reati puniti con la pena dell’ergastolo commessi dopo l’entrata in vigore delle Legge, e quindi dopo il 20 Aprile del 2019. Ad oggi, quindi, il rito abbreviato non può essere richiesto, ad esempio, per il delitto di omicidio volontario commesso dopo il 20 Aprile del 2019. In ogni caso la norma di cui sopra non ha efficacia retroattiva e, pertanto, potrà essere applicata esclusivamente in relazione ai reati commessi dopo l’entrata in vigore della stessa.
Il caso di cui sopra è l’unica preclusione prevista dalla legge all’accesso al rito abbreviato.
Il giudizio abbreviato condizionato
Il rito abbreviato condizionato, a differenza di quello secco, non è richiesto allo stato degli atti, cioè sulla base dei soli elementi di prova raccolti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. Ai sensi dell’art. 438 comma 5 c.p.p., l’imputato può infatti subordinare la richiesta di accesso al rito abbreviato ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Questa integrazione dovrà subire però il vaglio del giudice, il quale disporrà il giudizio abbreviato se essa risulti effettivamente necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del rito in parola, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. Il caso del giudizio abbreviato condizionato, a differenza del giudizio abbreviato “secco” e cioè senza richiesta di integrazione probatoria, non comporta un diritto dell’imputato, dovendo il giudice valutare i presupposti sopra descritti ai fini della ammissione al rito speciale. Nel caso in cui il giudice ammetta l’imputato al rito abbreviato concedendo l’integrazione probatoria al pubblico ministero è concessa l’ammissione della prova contraria.
Nel caso in cui la richiesta di integrazione probatoria venga rigettata dal giudice, all’imputato è consentito di ripresentare la richiesta di giudizio abbreviato “secco”, sotto forma di abbreviato allo stato degli atti.