L’istituto della messa alla prova, disciplinato per quanto concerne il processo penale minorile dagli artt. 28-29 del D.p.r. 448/1988 è uno strumento processuali volto ad evitare l’irrogazione di una condanna e di fornire un’alternativa alla definizione del procedimento penale, evitando l’applicazione di una pena detentiva, spesso inutilmente afflittiva per il minorenne e poco incline rispetto ai principi che permeano il sistema penale minorile.
Essa, quindi, consiste in una modalità alternativa di definizione del processo, mediante la quale è possibile pervenire ad una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, laddove il periodo di prova concesso l’imputato, ammesso dal giudice in presenza di determinati presupposti normativi, si concluda con esito positivo.
L’istituto prevede che il minorenne venga messo alla prova sulla base di un progetto educativo predisposto dai servizi sociali minorili, che può avere i contenuti più disparati: si può trattare di prescrizioni di fare o di non fare, che riguardano principalmente lo studio o il lavoro, ma che possono attenere anche allo svolgimento di attività sportive, sociali o di volontariato.
Presupposti applicativi
L’art. 28 d.p.r. 448/1988 prevede che il giudice, sentite le parti, possa disporre con ordinanza la sospensione del processo quando ritiene di dover valutare la personalità del minorenne all’esito della prova disposta a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore a tre anni quando si procede per reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; negli altri casi, per un periodo non superiore a un anno. Durante tale periodo è sospeso il corso della prescrizione.
La sospensione del processo con messa alla prova può essere disposta per qualunque tipo di reato, indipendentemente dalla pena astrattamente prevista. L’art. 28, tuttavia, opera una distinzione tra reati punibili con la reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni e reati residuali; tale distinzione si riferisce esclusivamente alla durata della sospensione del processo che, nel primo caso, non può superare i tre anni e un anno nel secondo.
Procedimento di ammissione al beneficio
La sospensione del processo può essere chiesta dalle parti, personalmente o attraverso il proprio avvocato penalista, d’ufficio o di fiducia, munito di procura speciale, in ogni stato e grado del processo, e quindi sia in sede di udienza preliminare sia in fase dibattimentale.
La richiesta di sospensione presuppone, in ogni caso, il consenso del minore imputato.
Con l’ordinanza di sospensione il giudice affida il minore autore di reato ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per l’attuazione della prova, anche in collaborazione con i servizi locali. La presa in carico ad opera dei servizi sociali consente di valutare la personalità e il vissuto del minorenne, affinché realizzi una piena consapevolezza circa la sua responsabilità e la motivazione che lo hanno spinto a delinquere. Ai sensi dell’art. 27 comma 2 delle norme di attuazione al d.p.r. 448/1988 il giudice provvede alla sospensione del processo sulla base di un progetto di intervento elaborato dai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia, in collaborazione con i servizi socio-assistenziali degli enti locali.
L’iter che conduce alla sospensione del procedimento si costituisce di tre fasi:
- una prima fase che vede la formazione dell’opinione favorevole circa la predisposizione della misura a seguito della decisione del collegio, il quale ha nella sua composizione due magistrati onorari specialisti in grado di valutare l’incidenza del processo sul minore;
- una seconda fase in cui il giudice richiede ai servizi minorili la predisposizione del programma e rinvia l’udienza per un tempo breve sufficiente all’elaborazione dello stesso;
- una terza fase in cui il giudice valuterà il programma predisposto, potendo inserire anche ulteriori prescrizioni.
Il programma della prova deve contenere:
- le modalità di coinvolgimento del minorenne, del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita;
- gli impegni specifici che il minorenne assume;
- le modalità di partecipazione al progetto degli operatori di giustizia e dell’ente locale;
- le modalità di attuazione eventualmente dirette a riparare le conseguenze del reato e a promuovere la conciliazione del minorenne con la persona offesa.
La prova. L’apporto dei servizi sociali
Dopo aver valutato l’opportunità del progetto di intervento, il giudice con ordinanza sospende il processo per un periodo di tempo che varia e dipende dalla gravità del reato per cui si procede.
La prova non può durare più di tre anni e se per quel reato è prevista la pena dell’ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a dodici anni; per tutte le altre ipotesi di reato, la prova non può avere una durata superiore ad un anno.
Con l’ordinanza il giudice affida il minore ai servizi minorili che avranno il compito di monitorare il rispetto del programma e sottoporre all’attenzione del giudice ogni situazione che concerne la sopravvenuta irrealizzabilità del programma stesso. È importante, infatti, che eventuali situazioni contingenti rilevanti per la prova del minore siano portate a conoscenza del giudice e da lui valutate.
Ciò può condurre anche ad una modifica e un adeguamento del programma alla nuova circostanza, in modo che il minore sia messo in condizioni di rispettare le prescrizioni. Qualora il minore imputato si dimostri riluttante alle regole contenute nel programma e si renda autore di violazioni delle stesse, i servizi sono tenuti a dare notizia al giudice. In questa ultima ipotesi l’art. 28 del d.p.r. 448/1998 prevede la possibilità per il giudice di revocare la prova.
Esito della prova
I servizi minorili possono avanzare richiesta di revoca della messa alla prova qualora il minore si sia reso autore di ripetute e gravi trasgressioni al programma conducendo, in caso di accoglimento della richiesta da parte del giudice, alla conclusione anticipata della prova e alla ripresa del processo.
Sono quindi richiesti cumulativamente due requisiti: la ripetizione e la gravità della trasgressione. Le trasgressioni saranno considerate ripetute se verificatesi in “un consistente e significativo lasso di tempo” e gravi se dimostrano un’avversione del minore verso gli impegni di cambiamento che aveva assunto.
Fuori dall’ipotesi in cui interviene la revoca della misura, il giudice decorso il periodo di sospensione, fisserà una nuova udienza nella quale dichiarerà con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento del minorenne e dell’evoluzione della sua personalità, riterrà che la prova abbia avuto esito positivo, pronunciando sentenza di non luogo a procedere se intervenuta nel corso dell’udienza preliminare ovvero di non doversi procedere, nel caso in cui la sentenza intervenga in sede dibattimentale. In entrambi i casi il minorenne otterrà il beneficio della declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova.
Se, in caso contrario, si dovesse addivenire ad una valutazione negativa dell’esito della prova, il giudice procederà nello svolgimento dell’udienza preliminare o dibattimentale.