Il patteggiamento si annovera tra i procedimenti cd speciali e quindi “alternativi” rispetto rito ordinario.
In buona sostanza si tratta di un procedimento speciale che consiste in un accordo tra il Pubblico Ministero e l’Avvocato penalista dell’imputato/indagato (munito di procura speciale rilasciata dal proprio assistito) con riguardo alla pena da applicarsi per la definizione del procedimento senza la celebrazione del processo nei confronti dell’imputato.
Patteggiare significa proprio questo: accordarsi sulla pena che verrà irrogata all’imputato/indagato dal Giudice.
L’accordo può intervenire una volta che il Pubblico Ministero ha esercitato l’azione penale nei confronti dell’imputato o già nella fase delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 447 c.p.p. In questo caso il soggetto beneficiario della applicazione della pena – concordata – è l’indagato.
L’art. 444 c.p.p. prevede che tanto il pubblico ministero quanto l’imputato possano chiedere al Giudice l’applicazione di una pena, diminuita fino ad un terzo, quando questa tenuto conto delle circostanze, non superi i cinque anni sola o congiunta alla pena pecuniaria. Si parla, in quest’ultimo caso, di “patteggiamento allargato” posto che in generale il legislatore aveva inizialmente previsto la applicabilità dell’istituto sino ad anni due di pena.
La richiesta di “patteggiamento allargato” (e quindi sino ad anni cinque di pena detentiva soli o congiunti alla pena pecuniaria) è in ogni caso preclusa per determinati reati (si tratta sostanzialmente di reati sessuali), oltre che nei confronti di “coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria”.
In alcuni tra i reati contro la pubblica amministrazione invece, la richiesta è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato. Sul punto è esplicito l’art. 444 comma 1 ter c.p.p.: “nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322- bis del codice penale, l'ammissibilità̀ della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato”.
La richiesta di applicazione della pena può essere avanzata dalle parti del processo (Pubblico Ministero o Avvocato penalista/procuratore speciale dell’imputato/indagato) nella udienza preliminare, ove questa sia prevista in relazione al reato oggetto di contestazione, ovvero alla prima udienza di citazione diretta a giudizio (ex art. 550 c.p.p.). Come già visto la applicazione dell’istituto può essere chiesta già sin nella fase delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 447 c.p.p. In quest’ultima ipotesi la udienza per la decisione circa l’accoglimento della richiesta di applicazione pena avrà luogo avanti al G.i.p.
Quando conviene patteggiare?
Occorre confrontarsi sempre con il proprio Avvocato penalista circa l’opportunità di accedere a questo rito premiale e deflattivo. Il caso classico è quello in cui si possa ipotizzare ad una superfluità della celebrazione del dibattimento, supponiamo nella eventualità in cui la prova a carico fornita dal Pubblico Ministero sia granitica e non possa essere superata con le garanzie del contraddittorio e quindi la possibile escussione di un testimone a discarico. Altro caso è quello in cui l’imputato/imputato abbia interesse a definire velocemente il procedimento a proprio carico, volendosi peraltro avvantaggiare delle conseguenze premiali del patteggiamento stesso quali lo sconto di pena (sino ad un terzo) e la successiva possibilità di richiedere la declaratoria di estinzione del reato dopo il decorso di cinque anni (nel caso dei delitti), ai sensi dell’art. 445 c.p.p. ovvero dopo due anni nel caso di consumazione di una contravvenzione.
Effetti del patteggiamento
Come anticipato esistono due tipi di patteggiamento: ordinario (con applicazione della pena sino ad anni due di reclusione) ovvero allargato.
Venendo agli aspetti premiali:
A) la pena stabilita dalle parti è diminuita fino ad un terzo proprio in forza della scelta del patteggiamento (questo beneficio viene applicato sia nel caso di patteggiamento ordinario sia nel caso di quello c.d. allargato sino ad anni cinque);
B) per la applicazione di pene inferiori ai due anni (c.d. patteggiamento ordinario la applicazione di questa pena “concordata tra le parti” comporta ulteriori vantaggi per l’imputato oltre allo sconto di pena tra cui: 1) la non menzione della condanna nel casellario giudiziale richiesto dai privati (la c.d. “fedina penale”). Viene quindi preclusa la conoscenza di quella pena “concordata” ad esempio a possibili datori di lavoro che chiederanno per la assunzione l’esibizione del certificato penale. È fatta salva ovviamente la menzione della condanna nel casellario visibile alla Autorità Giudiziaria. 2) la non applicazione delle spese processuali e delle pene accessorie; 3) la non applicazione delle misure di sicurezza (con poche esclusioni); 4) la estinzione del reato e la cessazione degli effetti penali dello stesso nel caso in cui per cinque anni (in caso di delitto) o in due anni (in caso di contravvenzioni) l’imputato non commetta un altro delitto o una contravvenzione della stessa indole “in questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l'applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena” (ex art. 445 co. 2 c.p.p.).
Un’importate novità in punto di benefici del patteggiamento è stata introdotta dalla recente modifica normativa denominata Riforma Cartabia. In particolare, è stato introdotto l’art. 445 co. 1 bis c.p.p. il quale prevede che la sentenza di patteggiamento, anche se pronunciata dopo la chiusura del dibattimento (ossia dopo aver assunto le prove in contraddittorio), non può avere «efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile». In questo modo viene sancita l’inefficacia (quale giudicato) e l’assoluta irrilevanza probatoria della sentenza di patteggiamento in ogni procedimento giurisdizionale diverso da quello penale: gli «altri casi» ai quali si fa riferimento nella norma di nuova introduzione vengono, quindi, individuati nei giudizi che si svolgono di fronte al giudice civile, a quello amministrativo, a quello tributario e a quello della responsabilità erariale, in tutte le circostanze in cui il fatto storico oggetto della sentenza di patteggiamento possa avere una qualche rilevanza in quelle sedi.
La Riforma Cartabia ha inoltre introdotto una ulteriore novità in relazione all’istituto in commento, con riferimento all’oggetto dell’accordo.
Oggetto dell’accordo tra le parti (pubblico ministero e Avvocato penalista – munito di procura speciale conferitagli dall’imputato/indagato) oltre alla sanzione penale (pena detentiva/pecuniaria) da applicarsi può ora estendersi anche alle pene accessorie (si può chiedere sia la non applicazione delle stesse sia determinarne la misura) e alla determinazione della confisca facoltativa (anche in questo caso nell’accordo si può chiedere al Giudice sia di non applicarla ovvero di applicarla in una misura determinata con riferimento a specifici beni o a un importo determinato).
Oggetto dell’accordo, infine, può essere la concessione della sospensione condizionale della pena (c.d. condizionale). L’art. 444 co. 3 c.p.p. prevede infatti che: “la parte, nel formulare la richiesta, può̀ subordinarne l'efficacia, alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può̀ essere concessa, rigetta la richiesta”.