L'articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, il cd. “carcere duro”, disciplina un regime detentivo particolarmente rigoroso, applicabile nei confronti di condannati per alcuni reati individuati specificamente dalla legge e di particolare allarme sociale.
L’obiettivo primario di questo regime è quello di impedire il passaggio di ordini, informazioni o di ogni altro tipo di comunicazione tra i detenuti e le organizzazioni di appartenenza. La norma, in buona sostanza, prevede la possibilità per il Ministro della Giustizia di sospendere l'applicazione delle usuali regole di trattamento dei detenuti ove vi sia la necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza all’interno di un istituto penitenziario ovvero nel caso in cui si ravvisino “elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva” da parte di alcuni detenuti. Da ultimo il regime detentivo di cui sopra è applicabile nei casi in cui “l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla legge possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza” all’interno degli istituti penitenziari.
Ovviamente queste deroghe al trattamento penitenziario ordinario possono essere disposte solo in casi tassativi e nelle sole ipotesi in cui sia stato commesso un delitto di particolare gravità, contestato ai sensi dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario (es. associazioni per delinquere di stampo mafioso, reati commessi con finalità eversiva dello Stato o a scopo terroristico ecc). La finalità del regime sopra illustrato è in ogni caso quella di impedire agli autori dei reati di particolare gravità di comunicare con l’esterno del carcere e quindi di recidere il sodalizio criminale concretizzatosi al di fuori dell’istituto di pena (si pensi ad una associazione di stampo mafioso), al fine di eliminare ogni collegamento con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o in ogni caso con il contesto nel quale il reato è stato commesso.
Il regime previsto dall'art. 41 bis ord. pen. può durare quattro anni e le proroghe possono essere di due anni ciascuna. I detenuti sono allocati in apposite strutture, ovviamente in regime di separazione totale dai detenuti ordinari. Il comma 2 quater dell'art. 41 bis, in particolare, prevede che “i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione» siano «ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto…".
Il 41 bis ord. pen., pertanto, è applicabile in due casistiche: in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza ovvero, ipotesi maggiormente diffusa, quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4 bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva.
E’ appena il caso di sottolineare che i recenti fatti di cronaca, l’arresto di Matteo Messina Denaro e la vicenda di Alfredo Cospito, hanno riacceso il dibattito politico sull’istituto in parola, mai realmente sopito tra gli avvocati penalisti e tra gli operatori del processo penale.
Soggetti destinatari
I soggetti destinatari della misura restrittiva sono espressamente previsti dalla norma sopra citata e possono essere solo coloro i quali si trovano detenuti per determinate fattispecie di delitti gravi, come già evidenziato, facenti spesso capo a contesti delinquenziali associativi, di matrice mafiosa o camorristica oppure di matrice eversiva o terroristica; la misura carceraria ha essenzialmente lo scopo di recidere i legami coi contesti delinquenziali di riferimento del detenuto, impedendo le comunicazioni dei detenuti con le organizzazioni criminali operanti all'esterno, i contatti tra appartenenti a una stessa organizzazione all'interno del carcere e finanche i contatti tra gli appartenenti a diverse organizzazioni criminali.
Il "carcere duro" è applicabile per taluno dei delitti indicati dall'articolo 41 bis della legge penitenziaria ed in particolare:
- delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza;
- delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso;
- delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'associazione mafiosa ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose;
- delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;
- prostituzione minorile, consistente nell'indurre alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto ovvero nel favorirne o sfruttarne la prostituzione;
- delitto di chi, utilizzando minori degli anni diciotto, realizza esibizioni pornografiche o produce materiale pornografico ovvero induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni pornografiche e chi fa commercio del materiale pornografico predetto;
- delitto di tratta di persone;
- delitto di acquisto e alienazione di schiavi;
- delitto di violenza sessuale di gruppo;
- delitto di associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
- delitto di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Misure applicabili
Le condizioni di detenzione sono estremamente rigorose: la cella è singola e può contenere solamente un letto, un tavolo ed una sedia inchiodata a terra. Vi è altresì sorveglianza costante da parte della Polizia Penitenziaria e i contatti con le guardie carcerarie sono ridotti al minimo indispensabile.
In particolare le misure applicabili sono le seguenti:
- isolamento nei confronti degli altri detenuti. Il detenuto è situato in una camera di pernottamento singola e non ha accesso a spazi comuni del carcere;
- l’ora d'aria è limitata (concessa solamente per alcune tipologie di reato), rispetto ai detenuti comuni, a due ore al giorno e avviene anch'essa in isolamento;
- il detenuto è costantemente sorvegliato da un reparto speciale del corpo di polizia penitenziaria il quale, a sua volta, non entra in contatto con gli altri poliziotti penitenziari;
- limitazione dei colloqui con i familiari (anch'essi concessi solamente per alcune tipologie di reato) per quantità (massimo uno al mese della durata di un'ora) e per qualità (il contatto fisico è impedito da un vetro divisorio a tutta altezza). Solo per coloro che non effettuano colloqui può essere autorizzato, con provvedimento motivato del direttore dell'istituto, un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti;
- i colloqui l'avvocato penalista non hanno limitazioni in ordine di numero e durata;
- visto di controllo della posta in uscita e in entrata;
- limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere tenuti nelle camere di pernottamento (penne, quaderni, bottiglie, ecc.) e anche negli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno;
- esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati.
I rilievi di costituzionalità
Il regime di 41 bis applicato per periodi molto lunghi, anche a persone non condannate in via definitiva, è ritenuto da molti giuristi come incostituzionale. Tuttavia, sino ad ora, le pronunce della Corte costituzionale ne hanno confermato, nell'insieme, la legittimità.
Senza dubbio l'aspetto più controverso dell'intero istituto è la conformità tra scopo dichiarato ed effettivo. Una componente importante della dottrina sostiene da anni che in realtà l'intento non sia affatto prevenire eventuali contatti con il crimine organizzato quanto piuttosto esercitare pressione sul detenuto al fine di indurlo a collaborare con la giustizia.
Le questioni sottese alla costituzionalità o meno della norma qui in commento sono di grande attualità visti i recenti casi di cronaca giudiziaria relativi allo sciopero della fame di Alfredo Cospito nonché dell’arresto di Matteo Messina Denaro.